Sound Zero
Durata: 08.09.2006 - 07.01.2007
a cura di: Valerio Dehò
Sound Zero si presenta come una galassia di eventi: 150 opere esposte, tra manifesti, cover, performance e video e wall paintings. Si parte dagli anni ’60 con la nascita della cultura Pop, fenomeno che influenzò il campo artistico e musicale scegliendo un linguaggio universale e accessibile a tutti; si continua con un viaggio nell’arte psichedelica esplosa negli anni ’70, per arrivare al periodo della street culture, cioé a quella cultura di strada che è stata il terreno fertile per i graffitisti degli anni ’80.
Il percorso espositivo sarà animato dalla presenza di due grandi artisti della culture street, Kiddy Citny e Blu Erica e il Cane che con i loro wall paintings, eseguiti in tempo reale, decoreranno alcune pareti nel centro di Merano.
Sound Zero si divide in 3 sezioni: Top of the pop, In a Gadda da vida e Where the streets have no name.
In opposizione alla ristretta cultura d’élite rappresentata nell’arte dal soggettivismo astratto americano e dall’esperienza informale europea, l’artista pop volge il suo interesse alla cultura popolare, e richiama l’attenzione sulla banalità e brutalità oggettiva di uso quotidiano, accettandola. Al centro dell’opera d’arte si concentrano prodotti “usa e getta” utilizzando soprattutto i nuovi materiali plastici, economici, flessibili dai colori brillanti e le tinte piatte.
La Pop azzera, dunque, il pensiero astratto e concettuale delle avanguardie e neoavanguardie, rispondendo al bisogno di modi di espressione più diretti, liberatori e appaganti. Si impadronisce dello spazio circostante, sostituendo l’immagine dell’oggetto con l’oggetto stesso ed accentuando la dimensione
grottesca della società dove la prepotenza martellante dei mass media annulla ogni giudizio autonomo. E’ un’arte aperta alle forme più popolari di comunicazione: i fumetti, la pubblicità, i quadri riprodotti in serie; nell’era della riproduzione meccanica dove la reperibilità è l’unico valore riconosciuto, la ripetizione seriale diventa fondamentale.
Top of the pop è un viaggio attraverso le opere degli artisti che meglio hanno interpretato lo spirito rivoluzionario e di forte innovazione della Pop art: dalle 40 cover realizzate da Andy Warhol, il più famoso e radicale rappresentante del movimento, alla famosa edizione grafica dedicata all’arresto di Mick Jagger e del gallerista Robert Fraser, Swinging London di Richard Hamilton, autore tra l’altro della copertina del White Album dei Beatles. Non manca l’esperienza della pop art in Italia: la celebre copertina dell’album Dedicato a..., ispirata alla serie Tuttestelle di Mario Schifano segnò un vera svolta nella concezione di crossover artistico italiano. E poi ancora i Tappeti natura di Piero Gilardi che trascendono da un ambito autoreferenziale ed estetico per approdare a una dimensione relazionale, alle rielaborazioni in chiave simbolica di immagini ed emblemi del potere di Franco Angeli, come la Lupa capitolina parlante, alla scultura di Mario Ceroli che presenta le sue silhouttes di persone e cose in legno grezzo riproposte in dimensioni ingigantite, venate di ironia e forte senso scenografico.
In a gadda da vida, trae spunto dal titolo distorto di una canzone degli Iron Butterfly, In the Garden of Eden. La durata di ben 17 minuti e 5 secondi, sconvolse e rivoluzionò il mondo musicale di quel periodo. Era il 1968 e le boccate psichedeliche erano all’apice e la West Coast brulicava di musica sperimentale.
Dalla pop art ci si inoltra nei territori dell’arte psichedelica degli anni ’70: una svolta straordinaria non solo nella musica. Anche il mondo dell’arte con le “sue tensioni curvilinee e le deformazioni della percezione abituale, è influenzato da questo movimento”, che da un lato ha dimostrato l’aspetto distruttivo e autolesionista conseguente all’uso di sostanze stupefacenti, portando alla distruzione psicofisica tanti ottimi artisti, ma è stato anche un movimento musicale che ha saputo avvicinarsi come nessun altro, nell’ambito del rock, all’intimo dell’animo umano. E così anche la psichedelia è un'arte fortemente figurativa, caratterizzata da linee ondulate, colori brillanti e acidi, esplosioni di linee luminose e piccole decorazioni; nelle opere di Guy Harloff, lo spazio rappresentato è ambiguo, contraddittorio, amorfo, originato dal contrasto fra tonalità e colori, piuttosto che dalla prospettiva convenzionale.
Con la terza sezione si approda alla street art, importante movimento che ha aperto la prospettiva di una condizione antropologica essenzialmente urbana in cui la maggior parte degli abitanti vive la città come ambiente naturale. I graffiti diventano rivendicazione di esistenze clandestine di individualità nel caos indifferente della città. Accanto all’arte di Keith Haring, espressione di una vita frenetica senza condizionamenti e inibizione, troviamo, tra gli altri, Basquiat, noto ai più come Samo, l’acronimo con il quale siglava i suoi graffiti. Il suo linguaggio misterioso, sfonda la tela, supera la mente e va dritto all’anima: i segni e i disegni di Basquiat somigliano a sofferte cicatrici impresse sulla tela che nascondono le urla di chi ha vissuto sulla propria pelle l’indifferenza, la discriminazione, l’emarginazione. Edo Bertoglio con la proiezione del video Downtown 81, che vede come protagonista Jean Michel Basquiat, racconta la scena musicale e artistica della New York tra gli ultimi anni ’70 e i primi anni ’80. Una ironica Laurina Paperina si presenta con i suoi personaggi che vivono una sorta di “virtual reality”, simile ad un video games dove la finzione e l’apparenza giocano simulando la realtà.
In occasione della seconda Giornata del Contemporaneo, il 14 ottobre 2006, Andrea Renzini si esibirà in una performance in cui arte e musica si fonderannno insieme dando origine ad un informe cromatico-sonoro che riflette la simbiosi gestuale che intercorre tra musica e colore dell’action painting di Jackson Pollock e della new thing di John Coltrane.
Il catalogo, a cura di Valerio Dehò, con contributi critici di Uwe Husslein, Gudrun De Chirico, Fabio De Luca, un’intervista con Aron Rose e un racconto inedito di Luis Böde (pseudonimo di Marco Mancassola) è pubblicato da Damiani Editore.